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Ripartiamo da Boro Parrini

Non tornavo in Sicilia da poco più di due anni, per l'esattezza, l'ultima settimana trascorsa a Palermo, era stata giusto quella del carnevale prima dello scoppio della pandemia. Non mi ero mai assentato così tanto dalla mia terra di origine e devo dire che la lontananza si sentiva.

La domanda con cui ti confronti ogni volta che torni è sempre la stessa: "Ma come trovi la città?". La mia impressione è che Palermo stia vivendo una dualità. Da un lato c'è un centro in grand fermento. Un centro storico che finalmente ha accettato e compreso il senso delle zone chiuse al traffico. Un centro storico che accoglie i turisti che giungono dal porto con l'attenzione che ognuno di noi ha, quando è in attesa di ospiti. L'ospite è sacro, vuoi che stia bene e che si senta a suo agio. Dall'altro lato c'è il resto della città. Quella dei palermitani che ci vivono tutti i giorni. Del palermitano medio borghese e non mi riferisco alla Palermo dei quartieri più popolari. Ecco, questa Palermo l'ho trovata estremamente trascurata, sporca, quasi abbandonata a se stessa. E' chiara la scelta strategica. Le poche risorse che ci sono, le mettiamo tutte là, dove ci vedono tutti e che dire, se fossi sindaco probabilmente arriverei alla stessa conclusione.

Ma oggi non vi scrivo per buttarvi giù di morale e portare l'ennesima prova che le cose stentano a cambiare in maniera radicale, ma vi scrivo per testimoniarvi che la fiaccola della speranza è sempre accesa.

Quest'anno ho visitato per la prima volta Borgo Parrini. Facciamo subito un po' di storia su questo posto. Si trova vicino a Partinico e nasce tra il '500 e il '600. Negli anni viene quasi abbandonato finché un privato artista e imprenditore, Giuseppe Gaglio, stufo di vedere il suo paese maltrattato, compra un paio di case e le ristruttura ispirandosi a Frida Khalo, Antonio Gaudí, Gandhi e Mandela.

E com'è finita quest'iniziativa individuale? Che la passione di Gaglio ha generato un impatto su tutto il borgo. L'arte ha poi contagiato quasi tutto il borgo e ha chiamato a raccolta una serie di artisti che condividono le loro abilità e opere con i visitatori.

Ma perché mi piace tanto questa vicenda? Perché nel piccolo, raccoglie tutti gli ingredienti necessari per dare una svolta e cambiare in meglio l'economia di un posto. Ma quali sono gli ingredienti secondo me di questa storia?

  1. Il primo è la bellezza. Se ripercorriamo la storia, non c'è stato popolo forte e ricco che non l'abbia ricercata. La bellezza genera quell'energia che serve per far andare bene le cose. Lo star bene, passa sempre dal prendersi cura di sé e dei propri posti.

  2. Il secondo è l'arte in evoluzione. Se confrontiamo l'Italia in generale con la Barcellona spagnola, sia ha sempre quell'impressione che nel nostro bel paese, ci si sia fermati. Abbiamo talmente tante cose belle che non è più necessario produrre altro bello, non è forse così? E' mai possibile che l'artigianato siciliano o di altre regioni debba essere sempre indirizzato solo a replicare il passato e non possa trovare nuove forme di espressione che pur rispettino la tradizione. Ecco, gli artisti con cui ho parlato a Borgo Parrini, sembrano proprio raccontare quest'evoluzione.

  3. Terzo ingrediente fondamentale, la passione. Tutte le persone che ruotano in quel posto sono appassionate per quel che fanno e presentano. Dal fornaio col pane cunzato all'artista della bottega. La vera passione è leadership, genera consenso e follower.

Quindi, perché non ripartire da qua per il rilancio? Non mi resta che lasciarvi alla scoperta di

Borgo Parrini.


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